Fratture dell’orbita

L’occhio è contenuto all’interno dell’orbita.
Tutte le pareti ossee dell’orbita possono fratturarsi, anche se più frequentemente si rompono le pareti più sottili e quindi meno resistenti, cioè il pavimento orbitario e la parete mediale (cioè sul versante nasale).
Clinicamente la frattura di orbita comporta edema ed ematoma periorbitario, edema congiuntivale (chemosi) con ecchimosi diffuse, e una visione doppia, chiamata diplopia, dovuta al posizionamento del bulbo oculare in avanti (proptosi) o all’indietro (enoftalmo) nell’orbita o ancora per un intrappolamento del grasso perioculare o dei muscoli oculari nella rima della frattura con conseguente limitazione dei movimenti oculari.

Un’altra conseguenza, questa volta di natura estetica, di una frattura orbitaria può essere l’arretramento marcato dell’occhio che appare “rimpicciolito” quando la frattura comporta un aumento del volume dell’orbita, pur in assenza di una visione doppia. Questa condizione, nota come enoftalmo, può non essere evidente nelle prime settimane dal trauma, ma diventare manifesta solo a distanza di tempo.
Ecco perché l’indicazione all’intervento in questi casi va posta non solo sulla base della clinica, ma anche sull’analisi della TAC del massiccio facciale per poter fare, sulla base della propria esperienza, una previsione delle possibili conseguenze della frattura a distanza di tempo.

L’intervento chirurgico, eseguito in anestesia generale, consiste in una incisione nascosta a livello dell’interno della palpebra o, in casi selezionati, al suo esterno, in corrispondenza della stessa incisione praticata per la blefaroplastica inferiore a scopo estetico.
La parete fratturata viene ricostruita con una lamina di materiale alloplastico, come il polietilene poroso, oppure con una lamina di titanio.


Le fratture dell’orbita sono conseguenza di traumi sul globo oculare e che causano fratture di una o più pareti orbitarie. A seconda della localizzazione le fratture dell’orbita si distinguono in fratture del pavimento, della parete mediale, della parete laterale o del tetto. Le fratture del pavimento orbitario si distinguono in blow-in e blow-out. In questo secondo caso vi è caduta del contenuto periorbitario al’interno del seno mascellare con dislocamento del globo oculare dal lato della frattura, incarceramento della muscolatura estrinseca e della periorbita. Il margine orbitario può rimanere integro, come nel caso delle fratture pure, o può risultare interrotto per concomitante frattura delle ossa facciali adiacenti. I segni che si potrebbero evidenziare sono edema periorbitario, ecchimosi congiuntivale e palpebrale, enoftalmo. Inoltre il paziente potrebbe riferire diplopia (sdoppiamento della vista) e ipo/anestesia dei territori innervati dalla II branca del trigemino. La diplopia deve essere indagata mediante l’esame ortottico con schermo di Hess per valutare il grado di incarceramento dei muscoli estrinseci dell’occhio. La diagnosi può essere suggerita dall’esame clinico e confermata dall’esame Rx e TC del massiccio facciale con ricostruzioni tridimensionali, utili per evidenziare le rima di frattura e gli eventuali depiazzamenti ossei. Il trattamento chirurgico prevede un’incisione transcongiuntivale o incisioni cutanee con ottimo risultato estetico. L’obiettivo è quello di riposizionare il contenuto orbitario all’interno della cavità orbitaria e ripristinare la continuità del pavimento mediante materiali di varia natura. Il decorso post operatorio si svolge generalmente senza complicanze, la diplopia che può a volte permanere si risolve entro pochi giorni, più a lungo può persistere anestesia del nervo mascellare.